La disabilità uditiva

Secondo quanto riportato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), nel mondo sono circa 360 milioni le persone con disabilità uditiva; secondo l’Istat, in Italia, sono 877.000. La sordità e i problemi di udito sono condizioni che riguardano ben il 5% della popolazione mondiale.

L’OMS ha definito ipoacusico il bambino/ragazzo “la cui acuità uditiva non è sufficiente a permettergli di imparare la sua lingua, di partecipare alle normali attività della sua età, di seguire con profitto l’insegnamento scolastico generale”.
La disabilità uditiva si può manifestare con una condizione di sordità totale o di ipoacusia mono o bilaterale, ovvero una condizione di sordità parziale in cui il soggetto fatica a sentire.
Le cause di questa disabilità si distinguono in congenite o acquisite e possono essere genetiche (quando insorgono al momento della fecondazione), prenatali (quando insorgono durante il periodo gestazionale), perinatali (quando insorgono alla nascita), postnatali (quando insorgono dopo la nascita).
Si distinguono quattro gradi di deficit in relazione all’entità della perdita uditiva (Baroni F., Quadro introduttivo sulle disabilità sensoriali, in “Disabilità sensoriali a scuola”, Erickson):

  • Deficit lieve (da 20 a 40 db): il parlato è percepito se il tono è normale; difficoltà insorgono se la voce è bassa o l’interlocutore è distante; la maggior parte dei rumori della vita quotidiana sono percepiti.;
  • Deficit medio (da 40 a 70 db): il parlato è percepito se il tono è alto; si comprende meglio se l’interlocutore è ben visibile; alcuni rumori della vita quotidiana possono essere percepiti;
  • Sordità grave (da 70 a 90 db): il parlato è percepito se la voce è forte e vicina all’orecchio; possono essere percepiti rumori forti
  • Sordità profonda (superiore a 90 db): in questa condizione la persona non è in grado di sentire nessuna parola e lo sviluppo del linguaggio verbale risulta estremamente compromesso.

Il deficit della funzione uditiva viene suddivisa in 4 forme:

  • IPOACUSIA TRASMISSIVA: è causata da malformazioni, traumi ma soprattutto processi infiammatori a carico dell’apparato di trasmissione dei suoni nell’orecchio esterno e medio. Si tratta di una patologia trattabile sia medicalmente, sia chirurgicamente. L’esempio più classico è l’infezione dell’orecchio medio nell’infanzia (otite), che generalmente non provoca deficit gravi dell’udito (non oltre i 50-55 db). Questi tipi di patologie sono di solito curabili con una terapia medica o chirurgica (https://www.epicentro.iss.it/udito. L’epidemiologia per la sanità pubblica. Istituto Superiore di Sanità)
  • IPOACUSIA NEUROSENSORIALE PERIFERICA: è causata da tutte quelle affezioni che coinvolgono la coclea che rappresenta l’organo deputato alla ricezione dei suoni. Questo tipo di deficit uditivo è permanente, non sensibile al trattamento medico. Può essere prescritto un dispositivo di amplificazione come la protesi acustica.
  • IPOACUSIA NEUROSENSORIALE CENTRALE: è determinata da lesioni del nervo acustico e/o strutture del sistema nervoso centrale deputate alla trasmissione e all’elaborazione dei suoni. Non sono curabili ma comunque sono protesizzabili.
  • IPOACUSIA DI TIPO MISTO: è una perdita neurosensoriale e una perdita trasmissiva che si presentano nello stesso istante. La componente trasmissiva è spesso trattabile con una terapia medica.

La fase diagnostica, con i dovuti accertamenti audiologici, permette un’adeguata protesizzazione e un tempestivo e personalizzato iter di riabilitazione. Anche dal punto di vista educativo, la diagnosi precoce con screening neonatale resta un aspetto fondamentale affinché la famiglia attivi fin da subito strategie comunicative efficaci nella relazione con il bambino sordo.
Nelle ipoacusie si può intervenire con l’utilizzo di protesi acustiche (tradizionali analogiche o digitali) che amplificano i suoni favorendo la funzionalità cocleare residua; nelle sordità o ipoacusie profonde si può fare la scelta dell’impianto cocleare: un sistema ad alta tecnologia che stimola con impulsi elettrici il nervo acustico e si compone di una parte esterna removibile che si innesta con intervento chirurgico (Ivi p. 39).

I metodi riabilitativi linguistici generalmente diffusi in Italia sono cinque:

  • L’uso della lingua dei segni. La LIS si fonda su una modalità visiva e gestuale per comunicare. Un bambino esposto fin da piccolo alla lingua dei segni la imparerà in modo naturale, come avviene con i bambini udenti per la propria madrelingua. La LIS infatti costituisce una vera e propria lingua, con delle regole e una grammatica propria.
  • L’oralismo, che prevede la stimolazione delle capacità uditive residue e utilizza strategie come la lettura del labiale per la comprensione degli altri. Con l’educazione oralista, i bambini sordi vengono avviati direttamente alla lingua orale. Questo metodo si è affermato in Europa a partire dal 1880, in contrapposizione alle lingue dei segni. Il principio educativo su cui si basa è che la lingua orale debba essere l’unica lingua del bambino sordo (Nocera S., Il quadro normativo, in “Disabilità sensoriale a scuola”).
  • L’educazione bilingue, che prevede l’insegnamento contemporaneo sia della LIS che della lingua orale, tenendo distinte e separate la sintassi e la grammatica dell’una e dell’altra lingua.
  • Il metodo bimodale, prevede una doppia modalità, infatti in questa metodologia vengono utilizzate la modalità acustico-verbale, perchè si parla, e la modalità visivo-gestuale, perchè si segna, rispettando però la struttura della lingua vocale. I segni seguono in tutto e per tutto sia la struttura dell’italiano che l’ordine delle parole nella frase.
  • La logogenia, stimola l’acquisizione della lingua scritta nei bambini e negli adolescenti sordi e favorisce la comprensione degli aspetti grammaticali nelle frasi e nei testi.